lunedì 20 ottobre 2008

Software come completamento della Mente Umana


Il Titolo del post è la prima traccia da svolgere nel blog (che comincio in puntuale ritardo).
Confesso che quando l’ho letta ho pensato un fragoroso: “Gli pare poco!”, inveendo segretamente contro il professore che, come minimo, sté tracce le legge la mattina nella sabbia del gatto.
Come Frate Indovino, quello dei calendari.



Questo è un argomento difficile. Per affrontarlo dovrei partire dalla definizione di mente umana in termini medici e in psicologia cognitiva, magari un bel copiaeincolla da Wikipedia che fa stile; poi dovrei procedere con una definizione di “Software” dal punto di vista informatico e sociale, accennare al concetto di “completamento” secondo l’accezione mariana del Nuovo Testamento e concludere, poi, con un vaneggiamento semiotico sul “pensiero ideale” in quanto crisi del sistema bancario americano.

Francamente, troppa fatica.
Troppa incertezza nelle definizioni e la possibilità di incorrere in ovvie smentite.
Scelgo di partire dalla fine ovvero dall’incontro tra software e mente umana: l’intelligenza artificiale. Nelle sue varie forme essa giunge ora a supporto delle umane facoltà mentali col calcolo e l’immagazzinamento, ora a potenziamento con le reti di rappresentazione della conoscenza e le tecniche di auto apprendimento.

L’intelligenza artificiale doveva portarci computer in grado di progettare altri computer in grado di progettare dei super computer ancora più potenti in grado di rispondere “42” alla domanda sul vero senso della vita. Prima di sterminarci tutti e trasformarci in pile.
Solo che al momento non si è riusciti a progettare nemmeno un robot che porti fuori il cane o che almeno si rifaccia il letto. Il massimo è stato Deep Blue un supercalcolatore in grado di battere un uomo a scacchi, ma che non vede cosa ci sia di strano nel mettere l’autoabbronzante al criceto.

Il primo a interessarsi al concetto dell’intelligenza artificiale fu il languido Alan Turing, che elaborò un criterio per determinare se una macchina fosse in grado di pensare o no.
Il test, in parte valido ancora oggi, consiste nel mettere due individui separati in una stanza, con la possibilità di chattare via monitor con un terzo tizio posto in un’altra stanza. Compito dell’ultimo è cercare di capire quale dei primi due è un uomo o una donna, posto che uno dichiari sempre la verità e che l’altro tenti di creare fraintendimenti. Perché il test sia valido la “macchina intelligente” dovrebbe potersi sostituire a uno qualsiasi dei tre soggetti svolgendo il compito con successo.
Unico svantaggio dell’esperimento è nella sua verifica. Come sostiene lo stesso Turing: ”L’unico modo per essere sicuri che un computer pensi è essere il computer e provarci!”.
Bravo.
Poco dopo si ammazzò mangiando una mela sulla quale aveva installato Windows.

Il Test di Turing è stato riformulato col comparire di software, più evoluti del pingpong , che non potevano comunque definirsi intelligenti. Come ELIZA, un programma del ’66 in grado di simulare uno psicoterapista rogeriano (!); poteva forse distogliere un uomo dall’idea del suicidio ma non comprendeva le opinioni della Lega Nord.
Per quanto a nessuno potesse interessare, fu il fervido John Searle, probabilmente in botta di Peyote, che regalò al mondo la versione definitiva del Test. Il filosofo Californiano mise a punto il criterio della “Scatola Cinese”, un modello pratico come un preservativo in fustagno, con una dimostrazione così difficile che neanche lui riuscì a riproporla… e se ne dimenticò. Dunque non posso approfondire.

Se non possiamo essere sicuri che sia brillante come la vogliamo, l’intelligenza artificiale, è molto più integrata nella vita quotidiana di quanto s’immagini. La sua evoluzione è la discrezione.
Il motore semantico di Google indicizza le pagine facendosi un’idea del contenuto e ci propone annunci commerciali a noi affini con AdSense.
Il Software sui GPS sceglie con cura la strada meno trafficata in base al percorso e l’ora. Spesso è quella con le buche o i tossici o le donnacce.
Nei video giochi l’intelligenza artificiale crea personaggi sempre più realistici ed interi mondi con i quali è possibile interagire. Cambiare le prospettive del gioco e delle domeniche pomeriggio.
Certo non sono mai intelligenti come ci si aspetta da loro. Magari il navigatore potrebbe accorgersi che sbando perché ho bevuto e portarmi a casa lui, o più semplicemente si potrebbe fare un portarotolo che urli quando sta per finire la carta igienica.

Per ritornare ora al senso originale del post: i software che pervadono la nostra realtà ci “completano” quando non cercano di essere più intelligenti, ma che sono solo migliori nell’imitarci. Ci seguono quando andiamo a fare la spesa e ci indicano la strada con le buche, cercano per noi in internet la musica che ci può piacere, si ricordano i numeri di telefono di tutti. Vogliono sempre assomigliarci, essere come siamo noi, comunque siamo, dalla bambola al truzzo.
E noi, immersi dell’incertezza di questo secolo buio, confortati dai nostri servitori occulti finiamo per amarli. Alcuni danno il nome al proprio pc, altri rispondono al saluto del gps, altri ancora piangono quando il cellulare non funziona.
Anche perché lo hanno comprato all’autogrill 5 minuti prima.
Ed il tipo con l’impermeabile non si vede più in giro.
E, per completare, neanche la macchina.

Spero di aver reso l’idea

1 commento:

Dekostruxio ha detto...

tutto bello Giorgio, ma nel calderone ti sei dimenticato di metterci PLEO:
http://www.pleoworld.it/
http://pleoblog.blogspot.com/
io l'ho visto in azione, lo vendiamo da noi, fa paura, a mio parere è il primo vero robot destinato alla vendita di massa dotato di cosiddetta "intelligenza artificiale" che sia degna di questo nome, è impressionante, così tanto pieno di sensori sotto la plastica cute da far apparire il cagnolino della Sony un pezzo d'antiquariato...per quanto mi riguarda lo disprezzo, la gente che viene è sempre lì ad accarezzarlo e a fargli gli occhi felici e teneri, questo m'inquieta onestamente...credo comunque che possa essere buon pane per i denti aguzzi della tua ironia, te ne ho parlato per ispirarti un po'...alla prossima!